L’economia circolare a Prato

I distretti tessili rappresentano in generale una fonte di inquinamento e degrado ambientale, dato che sono tra i primi settori industriali per consumo delle risorse idriche, emissioni in atmosfera, utilizzo delle materie prime, rilascio di sostanze chimiche e consumi energetici. A Prato però, ciò non è avvenuto e non avviene grazie alla sensibilità ambientale degli imprenditori e delle amministrazioni pubbliche locali e ad alcune caratteristiche intrinseche ai distretti industriali, come la loro natura di rete e la vicinanza geografica tra le aziende che lo compongono.

Per quanto riguarda il primo aspetto possiamo citare la straordinaria importanza che assume a Prato l’economia circolare, parola oramai molto utilizzata nel mondo della moda e della produzione tessile. In effetti una parte significativa del tessuto pratese deriva non da un sistema lineare di produzione, basato sul consumo spasmodico di fattori produttivi non rinnovabili, come acqua, energia e materie prime, ma dalla somma di processi artigianali e industriali, perfezionatisi a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, finalizzati alla rigenerazione delle fibre tessili contenute in indumenti usati e/o scarti di altre lavorazioni tessili.

La prima lavorazione, chiamata cernita, serve per suddividere i ritagli e gli abiti in base al colore, alla qualità e alla provenienza. L’operazione, seguendo un’antica tradizione, è totalmente manuale: un selezionatore specializzato, una volta aperta la balla grezza contenente i capi di abbigliamento o i ritagli, elimina le parti e i capi interi con colorazione non omogenea, gli stracci con percentuale della fibra da rigenerare inferiore al 75% e, infine, le fodere e le parti accessorie tipo cerniere, bottoni e spille. Il materiale restante è raggruppato per colore (es. bianchi, blu, marroni, rossi ecc.) e per qualità della fibra impiegata.

Altro importante processo, successivo alla cernita, è quello della sfilacciatura: con esso si riportano le fibre che compongono i materiali da rigenerare allo stato di fiocco. La sfilacciatura è necessaria quando la materia prima presenta torsioni o intrecci e deve essere compiuto uno sforzo meccanico per disgregare la struttura tessile ed ottenere nuovamente la fibra libera.

Collaborazione di filiera

Alla capacità di reinventarsi del tessuto imprenditoriale, si somma un ecosistema che è da sempre modello di organizzazione e propensione al gioco di squadra. Le imprese del distretto industriale fanno parte di una rete in cui cooperano e competono allo stesso tempo, e questo ha il potenziale per guidare l’adozione di innovazioni ed eco-innovazioni. Il networking è poi essenziale per realizzare eco-innovazioni più radicali, che un’impresa da sola, a causa ad esempio di risorse insufficienti, probabilmente non potrebbe fare con altrettanta efficacia. È questo il caso della G.I.D.A. e dell’impianto di riciclo delle acque industriali più grande d’Europa, un sistema all’avanguardia realizzato grazie all’impegno condiviso dall’Unione Industriale Pratese (adesso Confindustria Toscana Nord), il Comune di Prato e Consiag.

Creata nel 1981 con il primo lotto di depurazione dell’impianto di Baciacavallo, G.I.D.A. gestisce oggi complessivamente 9 diversi impianti dislocati sul territorio, che operano sinergicamente per trattare 50.000.000 di metri cubi di liquami e 300.000 metri cubi di rifiuti liquidi (inquinanti). Dal 2004 G.I.D.A. gestisce anche un acquedotto industriale che si sviluppa, per una lunghezza di circa 75 km, in quattro rami principali corrispondenti alle aree industriali presenti nel distretto tessile. La potenzialità complessiva dell’acquedotto industriale è di circa 1.500 m3 /h.

Processi e prodotti certificati

Oltre a questi fattori sistemici i produttori di tessuti pratesi sono molto attenti alla gestione dei loro processi, a partire soprattutto dalla tracciabilità integrale delle materie prime in entrata e delle lavorazioni esterne, per arrivare all’introduzione di pratiche all’avanguardia per la riduzione/eliminazione di sostanze inquinanti e la certificazione dei risultati di quest’azione verso l’esterno. Su questi aspetti molte di esse si sono ormai dotate di procedure interne e partnership esterne di grande valore.

Tra questi strumenti c’è 4sustainability®, il marchio della moda sostenibile lanciato nel 2013 per intercettare il bisogno emergente di servizi legati alla trasparenza e alla tracciabilità all’interno del distretto tessile pratese. Il rilascio del marchio, che certifica le performance di sostenibilità della filiera, dipende dalla regolare verifica di indicatori basati su un framework rigoroso e innovativo. Le aziende del territorio certificate 4sustainability® sono oggi oltre 50, un’altra evidenza della capacità del tessuto industriale pratese di interpretare la sostenibilità come modello di business vincente e strategia di sviluppo durevole, attraverso progetti concreti e prestazioni misurabili.

Molte di esse sono poi aderenti al CID, Consorzio Italiano Detox, nato nel 2016 con l’obiettivo di favorire l’implementazione della campagna Detox, lanciata da Greenpeace, per la progressiva eliminazione di 11 sostanze chimiche altamente inquinanti entro il 2020, all’interno dell’industria tessile italiana. Grazie agli sforzi del consorzio, nato a Prato in seno a Confindustria Toscana Nord, queste aziende riescono a fare moda veramente eco-sostenibile.

Un’ultima tendenza degna di nota è quella che sta portando le aziende del distretto ad utilizzare progressivamente un quantitativo sempre maggiore di fibre intrinsecamente eco-sostenibili: dal lino e la canapa, fibre vegetali che non richiedono processi industriali particolarmente impattanti sull’ambiente, al cotone organico certificato GOTS®, a fibre artificiali rinnovabili come la viscosa Enka®, la cui produzione responsabile nei confronti della riforestazione è certificata da FSC®.